La ragazza che camminava nell’acqua

Ragazzi, non c’è nulla da ridere, ognuno ha le sue doti e io ho sicuramente questa.

A Lusaka è arrivata finalmente la tanto attesa pioggia.

Il paesaggio è cambiato completamente. Il colore giallo dorato ha lasciato il posto ad un verde lussureggiante così come la terra sgretolata, secca e polverosa è stata sostituita da una superficie melmosa e scivolosa.

Se già Lusaka non lo consideravo il posto più semplice dove camminare, adesso le cose si complicano ancora di più.

Le strade si allagano e i sentieri sterrati dove ero solita camminare si trasformano in perfetti fiumi di fango.

Attraversare la strada diventa una prova degna di essere introdotta nel Ninja Warrior a causa dei fiumi che si formano ai lati della carreggiata e a te, non resta che decidere a quale sfida sottoporti.

Le alternative sono due.

La prima possibilità è quella di prendere la rincorsa nel fango e tentare di saltare il fiume. La probabilità di farcela è statisticamente bassa e, nel caso dovessi riuscirci, sappi che non è ancora finita. Ti ritroveresti infatti nel bel mezzo di uno stradone a quattro corsie, motivo per cui, se vuoi continuare a vivere, dovresti concludere la tua performance con uno sprint alla Bolt che ti permetta di tirarti in salvo il prima possibile nell’altro lato della strada.

La seconda possibilità è quella di cercare un punto dove l’accesso alla strada sia più agevole. Questo può significare il dovere camminare per quasi mezz’ora nella direzione opposta rispetto a quella dove dovresti andare, aggiungendo così quasi un’ora al tuo cammino.

Il percorso è poi intervallato da vari ostacoli. Buche da saltare si alternano a tratti di strada in cui sei costretto a fare l’equilibrista sul cordolo del marciapiede e guai a cadere.

In tutto questo disagio, la cosa bella è che, la già esistente complicità tra i vari camminatori, si fa ancora più forte.

Mi mette sempre il sorriso l’essere fermata da qualcuno che, vedendomi saltellare tra una pozzanghera e l’altra con i miei bei sandaletti e rischiare minimo 10 scivoloni, mi ferma per dirmi «Madame, è troppo pericoloso per te, non dovresti camminare qui».

Quando ti illudi che ormai più nulla ti possa fermare…

Sapete, non pensavo potessero esserci situazioni peggiori di quelle che avevo già affrontato, ma sabato mi sono dovuta ricredere.

Praticamente, mi sono cacciata in una delle mie solite vicende assurde che, non starò qui a raccontarvi nei dettagli, sennò ciao, tirerei troppo per le lunghe.

La sostanza è che mi sono ritrovata a passare l’intera giornata in un compound e, proprio quando iniziava a farsi tardi e per me era giunta l’ora di rincasare, ha iniziato a piovere a più non posso.

Ho provato ad aspettare un attimo prima di incamminarmi ma, oltre al fatto che la situazione sembrava peggiorare, sarebbe stato buio a momenti, così decisi di avviarmi.

Ragazzi, il disagio. Le cascate vittoria erano arrivate a Lusaka. Per evitare una pozza, finivo dentro in altre due. Era una battaglia persa.  

Ero poi stravolta dalla giornata. Oltre al fatto che non mi abituerò mai a vedere certe situazioni, non avevo mangiato nulla tutto il giorno e ancora peggio, non avevo avuto accesso ad un bagno dalla mattina, motivo per cui mi stavo facendo la pipì addosso.

Vi lascio immaginare la mia situazione. Vi dico solo che il vento gelido e la pioggia che mi arrivava dritta in pancia non aiutavano di certo.

L’unico mio desiderio era quello di arrivare a casa il prima possibile.

Così, ho iniziato a fregarmene di tutto e con le mie belle scarpettine di tela andavo dritta per dritta, facendo delle fantastiche immersioni fino a sopra le caviglie.

Non è mai finita

Finalmente arrivo a casa.

Avete presente quando, date le circostanze, pregate di non incontrare nessuno (vivo in una casa condivisa) ?

Ecco, erano lì tutti all’ingresso. Sembrava fossero lì giusto per accogliermi.

I loro sguardi già parlavano. Il momento clou è stato però quando, entrando in casa, pure le colf sono riuscite a guardarmi con pietà per poi dirmi: «Nooo madame, ma cosa ti è successo? Sorry. So sorry» .

Madame. Mi fa sempre un sacco ridere l’essere chiamata così. E mi fa ancora più ridere il fatto che riescano ancora a chiamarmi così nonostante sia ormai ben chiaro a tutti che sono una scappata di casa.