Un tuffo nel passato

Ciao amici, ridendo e scherzando vivo qui da più di 7 mesi.

Ci credete? A me, ancora non sembra vero.

Nel bene e nel male mi sono abituata a tante cose e, senza nemmeno essermene resa conto, molte di queste sono entrate a fare parte della mia “normalità”.

Quando vado al ristorante, so già che le prime 3 cose che sceglierò dal menù, probabilmente, non ce le avranno. O, comunque, gli mancherà qualche ingrediente per poterle preparare.

Così, non mi stupisco neanche più quando, ordinando una semplice insalata, mi sento rispondere: «Perfetto, ma non abbiamo l’insalata, va bene lo stesso?» .

Da buona italiana, mi capita poi di proporre di bere un buon vino dimenticandomi, ogni volta, che trovare un cavatappi qui è una cosa più unica che rara.

Ma, anche in questo caso, non vedo più il problema. Mi munisco di un bel mestolo da cucina e spingo il tappo verso il suo interno. Quindi, perché preoccuparsi?

Un po’ come quando sono rimasta senza elettricità per l’intero fine settimana. Perché lamentarmi se potevo usare la batteria della macchina per fare corrente?

Amici, vorrei però tranquillizzarvi. Non sono ancora “svalvolata” del tutto.

Ci sono, infatti, un paio di cose alle quali ancora non sono riuscita ad abituarmi. E, ogni volta che le vedo, la sensazione è proprio quella di avere fatto un tuffo indietro nel tempo.

Trovare una macchina in panne a lato della strada e accorgersi che, per gonfiare gli pneumatici, i ragazzi stanno usando la stessa pompetta che tu sei solita usare per le gomme della bicicletta, ti assicuro che ti lascia un pochino perplessa.

E ancora. Incontrare gli operatori ecologici impegnati a pulire la carreggiata con tanto di scopa e paletta, ti fa cadere letteralmente la mascella.

Questo però non è ancora nulla, soprattutto se paragonato a quella volta che mi hanno prestato una macchina (e che macchina!) per andare a visitare una scuola.

Alla guida del mezzaccio

Mi ricordo la scena come se fosse ieri.

Vi dico solo che ho dovuto chiedere aiuto anche solamente per aprirla, immaginate voi! 

La macchina era infatti dotata di ben 2 chiavi: una per aprire le portiere e un’altra per avviare il motore.

Ora, ditemi voi se una povera fanciulla nata negli anni 90 poteva anche solo immaginare che potesse esistere una roba del genere.

Quel giorno, il disagio non finisce qui.

Roby e la sua super ferrari si ritrovano infatti in centro città dove, tra bimbi di strada e venditori ambulanti, è vivamente consigliato chiudersi dentro.

Così, sbadatamente, mi sono messa a cercare il tasto della chiusura centralizzata per poi realizzare (ovviamente) che quella macchina non ce l’aveva!

Per concludere, giusto perché qui salto già poco all’occhio, mi ritrovo in mezzo alla strada, bloccata nel traffico, a fare posizioni assurde per potermi allungare e riuscire così a chiudere manualmente tutte le portiere.

Il meglio deve ancora venire

È vero. Il giorno della scoperta della doppia chiave ho ringraziato di essere nata negli anni 90, ma mai come quella volta in cui ho preso coscienza di quello che vi sto per raccontare.

Ragazzi, parliamo della carta igienica.

Vi siete mai chiesti chi è stato il cavolo di genio che ha deciso di suddividere il rotolo in quadratini, uniti tra loro da perforazioni in modo da poterli strappare facilmente?

Da quando mi ritrovo ad usare i rotoli continui, io me lo chiedo tutti i giorni e sono sempre più convinta che, chiunque sia stato, è un genio indiscusso.

Voi non potete capire il disagio. Il livello di difficoltà è quello che si ha quando si strappa la pellicola trasparente!